Tratto da "Le pillole di Aristotele" di Lou Marinoff:
Capitolo Quinto: "E' proprio necessario che tu soffra?"
[Cerca di immaginare un prigioniero rinchiuso in una cella con sbarre molto pesanti alla finestra, all'interno di una prigione con mura molto alte e guardie armate in ogni angolo. Ma si tratta di una prigionedavvero particolare: la porta della cella è sempre aperta, proprio come il portone della prigione stessa e le guardie armate sono lì solo per impedire alla gente di entrare, non di uscire.
Il prigioniero, comunque, è convinto che questa sia la solita prigione e così resta chiuso nella sua cella che, a dire il vero, è molto confortevole. E' ben arredata e offre numerose distrazioni: ci sono libri e CD, la tv via cavo e persino un computer. C'è un bar ben fornito, il cibo è buono e si possono ricevere regolarmente le visite dei familiari e amici. Il prigioniero deve svolgere una certqa quantità di lavoro noioso, ma può anche indulgere a interessi e hobby.
Proprio bella per essere una prigione. Eppure il prigioniero è profondamente infelice, semplicemente per la consapevolezza di essere tenuto prigioniero. Gli piacerebbe fuggire e crede che, se lo facesse, sarebbe automaticamente felice. ma ritiene anche che scappare sarebbepericoloso e - con tutta probabilità- impossibile. Così ci rinuncia. Il prigioniero fa ricorso ad una serie di altre "fughe" all'interno della cella: cibo, alcol, droga, sesso, libri, tv. Tutti questi espedienti funzionano, ma solo temporaneamente. Il ritorno alla realtà diventa sempre più doloroso, rendendo necessariamente, di volta in volta, una diversione maggiore per giungere fino alla fuga successiva. Queste diversioni lo portano anche a fantasticare su come sarebbe bella la vita al di là di quelle mura e, quindi, al rimpianto di quanto si perde restando in cella. Milioni di persone vivono in una prigione come questa. E' la prigione della sofferenza. Soffri quando subisci un torto, quando ti confronti con il male, quando sei trattato in maniera ingiusta. Soffri anche quando fai un torto agli altri e quando commetti un'ingiustizia.
Così anche tu, come il prigioniero di prima, cerchi di alleviare il malessere con distrazioni temporanee, continuando a credere di essere costretto a restare in cella. Ma è un'illusione: infatti se sei libero di uscire e di andartene ogni volta che vuoi, se solo riesci a staccarti dalle distrazioni che ti sono così familiari e comprendi che la porta è sempre aperta.
...puoi trovare una miriade di porte che conducono all'inferno, ma ce ne sarà sempre una che conduce al paradiso. Anche se tutti dicono che vogliono varcare la soglia del paradiso, molti varcano senza esitazione tutte le porte che conducono all'inferno. Forse dobbiamo imparare a conoscere le scritte sulle porte e a renderci conto che la porta della nostra cella è aperta, così da poterci lasciare alle spalle la sofferenza.]
prigionieri di noi stessi e per comodità, perchè è più facile! siamo sicuri di vivere?
RispondiEliminaciao ciao
TVBC!
@ Anonimo: a volte non è solo per comodità, non è facile uscirne e paradossalmente fa paura, fa tanta paura abbandonare ciò che ti imprigiona, anche se ti fa male. E' sicuramente qlcs di "sicuro", di "conosciuto", che quindi ci fa star "bene" perchè appunto ne conosciamo ogni dettaglio, piuttosto che lasciarci andare all'ignoto. Poi la mia mente contorta preferisce farsi del male, ne è (tanto per resatre in tema) affamata, di masochismo, non riesce mai a saziarsi. Forse me ne dovrò stancare di nuovo..
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