Quando andai a vivere da sola, lasciai casa dei miei e la mia camera chiusa a chiave, rabbiosa verso quel guscio che mi aveva fin troppo protetto per 20 anni, rabbiosa perchè a volte non l'aveva fatto. Rabbiosa verso mia madre, così incapace di capirmi negli ultimi anni, così fastidiosamente invadente nelle mie cose, così rabbiosa anche lei verso se stessa come io lo ero con me. Così chiusi a chiave quella porta, lasciando dentro le mie cose più care, con me portai solo "l'essenziale": nella mia nuova dimora c'era spazio solo per i vestiti e la biancheria (ovviamente!), il mio cuscino preferito, qualche peluche, lo stereo, la tv e qualche altro elettrodomestico tecnologico. Il resto lo sigillai in camera mia e ogni tanto andavo a recuperare qualche vestito che avevo lasciato o andavo a sfogliare qualche vecchio ricordo. D'altra parte anche il mio angolino rimasto lì nella casa della mia infanzia, si fece via via più freddo, meno mio.
Già avevo tolto da tempo parecchi poster dalle pareti: durante le scuole medie e il primo anno del liceo avevo tappezzato la stanza con poster di un gruppo pop americano, poi la rabbia si fece strada e dal pop passai gradualmente al rap. Una trentina di poster giganti potevano bastare per urlare il mio dolore e la mia ira..ma questi divennero sempre più forti e al contempo io ero sempre più debole per manifestarli, poi anche solo per sentirli dentro me. Era più facile osservare una stanza vuota e illudermi che non c'era nulla che non andava, pittosto che vedere una stanza piena di poster che descrivevano le mie emozioni e ammettere che non avevo forza per provarle.
Poi la mia stanza dovette essere liberata e io andai a prendere le ultime cose lasciate lì, presi di nuovo "l'essenziale", stavolta più cospicuo (comprendeva anche un divano, dei vestiti, qualche peluche in più), il resto (vale a dire gli ultimi vestiti e gli ultimi peluche, nonchè i poster) lo lasciai in mano alla sorte (sicuramente il cassonetto dietro l'angolo). Non so perchè lo feci, o forse si..adesso si. Come con i poster: era più facile vivere nel mio nuovo monolocale (avevo traslocato di nuovo) senza avere intorno oggetti a cui tenevo e che mi avrebbero ricordato la mia infanzia, il calore perduto che non avrei più ritrovato, piuttosto che avere tutti quei peluche intorno e trovare la forza di ammettere che era tempo di andare avanti e che quei tempi non sarebbero più tornati, erano ricordi e tali sarebbero rimasti.
Credo che fu lo stesso istinto che portò mio padre a fare il contrario, a mia insaputa recuperò quello che avevo lasciato: salvò i miei peluche e per lui il ricordo di una me stessa piccolina, sua figlia senza problemi, forse addirittura sua figlia a casa con lui. Nella sua nuova casa (divorziò da mia madre) accolse in uno scatolone i superstiti e mi fece piacere trovarli lì, tempo dopo, mi rincuorò sapere che non erano nella spazzatura. Ne recuperai ancora qualcuno, glia altri li lasciai sempre lì, forse non ancora del tutto pronta. Ma ieri sera pensavo che sarebbe bello ri-circondarmi di quei vecchi peluche che da sopra l'armadio mi guardavano giorno e notte, che ogni notte, uno per volta a turno (per non far torto a nessuno!!) mi facevano compagnia nei miei sonni di bimba.
Non so se sia perchè sono più pronta o perchè ho talmente nostalgia della mia infanzia e della mia camera che li rivoglio con me, ma questo è ciò che voglio fare adesso e non mi costa nulla riprendermi i miei amici di giochi e far pace con loro e probabilmente con la me stessa più piccola.
Quanto capisco le tue parole di questo post, e mi ci rispecchio... Anch'io ho sbarrato tante porte verso cose del mio passato che mi facevano male... perchè "non guardare e non soffrirai"... Forse, hai ragione, c'è una parte di noi stesse con cui dobbiamo ancora fare pace... Non per tornare indietro e riprendere la vita lì da dove l'avevamo lasciata, questo sarebbe impossibile... ma semplicemente per evitare a ricordi spiacevoli di sbarrarci la strada verso il nostro cammino futuro... Fare la pace con noi stesse, e concederci sempre un'altra possibilità... Perchè la strada che abbiamo davanti è esattamente quella che decidiamo di metterci davanti...
RispondiElimina@ Veggie: hai detto bene Veggie, i ricordi a volte impediscono alle persone di andare avanti, le fa vivere in un limbo, una via di mezzo che non porta da nessuna parte.
RispondiEliminaVivo la stessa cosa e penso al mio passato come se fosse un uomo nero. Scappo, continuo a non girarmi, ma so che c'è e che prima o poi mi prenderà.
RispondiEliminaEsistono gli angeli e questi servono a proteggerci da questo uomo nero.
@ Due briciole di pane: Mi viene da pensare che forse se scappi e quindi sai che c'è, ti abbia già preso..lo penso perchè credo sia così anche per me. A volte vorrei aver la forza di lasciarmi andare, credo sia questo che dovremmo fare: semplicemente accettare e lasciarci trasportare. Anche dal passato, anche se fa paura, anche se è un uomo nero, come lo chiami tu. In fondo ci ha già fatto male, è, appunto, passato e non può farcene più o comunque non più come ha già fatto; può farci soffrire, piangere o rattristarci, ma non può farci male come quando era Presente. Si, vorrei avere questa forza..
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